Private Project

Vajont - The end of an age / Vajont - La fine di un'epoca

ENGLISH and ITALIAN

The short film "The end of an era" wants to tell, through the symbolic use of images, what happened on the night of 9 October 1963 at the Vajont dam. The narrative fabric develops using the material and natural elements present in the territory, which today appear to us as the result of a profound transformation determined by the immense destructive energy caused when Mount Toc slipped into the basin of the dam. The collapse of the mountain released approximately 50 million cubic meters of water and caused the total destruction of the villages located along the reservoir upstream and downstream of the dam. The energy developed was equal to 2 Hiroshima bombs and caused the death of 1910 people. Despite this, the dam remained intact and still dominates the landscape of Longarone today.

The short film is accompanied by a piece I wrote it in 2015. It obtained the special mention at the Pittaluga Composition Competition in 2016.

The video begins with the image of a bell belonging to the old church of Longarone, a silent bell that no longer speaks. Instead, it is necessary to tell how the actors of that time moved the threads of events. So we need to bring attention to the place where all began and therefore it is necessary to ring the “Memory bell” (the bell is located along the "Memory" via ferrata).

Everything starts from the bottom with the idea of dominating nature and putting the power of water at human service. The mountain is excavated and the dam begins to be built. The dam slowly rises, transforming every human and natural balance. As in a journey dream, ominous presages clearly manifest themselves, but the signs are not welcomed by those who hold in their hands the reins of the situation and they continue to climb, almost as if being able to create the highest wall in the world was to demonstrate the new omnipotence of the technique. But just when the constructors reach the top and begin to fill the reservoir, they discover the effects of what has been created and the discrepancy generated between the pride of human ingenuity and the inevitable response of nature causes irrecoverable fractures. The perspective changes, the vision of the dam rotates and changes direction, man has been defeated.

Here we reach the climax and to do so I use a quote from Dino Buzzati and his article which appeared in the "Corriere della sera" on 11 October 1963. Here, in a truly inappropriate way, the writer, instead of drawing attention on the victims, he praises the dam by writing: "...A stone fell into a glass full of water and the water overflowed onto the tablecloth. That's all. Except that the glass was hundreds of meters high and the stone it was as big as a mountain and underneath, on the tablecloth, there were thousands of human creatures who couldn't defend themselves. It's not like the glass broke so you can't, as in the case of Gleno, call the person who built it a beast. The glass was made to perfection, a testimony to tenacity, talent and human courage. The Vajont dam was and is a masterpiece even from an aesthetic point of view."

In the same way, a stone is dropped into the holy water font. This water, that was supposed to be a source of life, turns into a cause of death. 1910 souls returns to eternity. At night, from inside the dam, the water rises more than 200 meters, comes out, wedges itself in the gorge and makes entire villages disappear, leaving behind death, debris, ruins and desolation. The sounds of life that until a moment ago permeated people's normal lives have now transformed into sounds of death.

Thus, for those who survived, the dawn of a new day arrives. In the midst of the blank slate left by the wave, a sequoia resisted without moving a step, but the price to pay was losing its skin. Life, of which the tree is the symbol, did not lose its battle against death, but had to give up in exchange even the existence of those who were about to see the light and were never born ("Mai nati", sculpture by F. Fiabane). Wood and iron have now become a single organism and the specter of the dam and its debris generate that sense of horror that leaves us astonished.

Not everything has been lost and, where it is possible, we are seeking shelter. A rose inside a protected garden (the Murazzi) welcomes us. The past of those who remained is now increasingly distant and irrecoverable, it can be seen at the end of an infinite corridor, increasingly smaller and more elusive. From now on ones will have to live with his nightmares and what happened, since this is the end of an era.

ITALIANO

Il cortometraggio "La fine di un epoca" vuole raccontare, attraverso l'uso simbolico delle immagini, quanto accaduto la notte del 9 ottobre 1963 presso la diga del Vajont. Il tessuto narrativo si sviluppa utilizzando gli elementi materiali e naturali presenti nel territorio. Oggi essi si mostrano a noi come il risultato di una profonda trasformazione determinata dall'immane energia distruttiva provocata nel momento in cui il Monte Toc è scivolato all'interno del bacino della diga. Il crollo della montagna ha fatto fuoriuscire circa 50 milioni di metri cubi d'acqua ed ha provocato la totale distruzione dei paesi che si trovavano lungo il bacino idrico, a monte e a valle della diga. L'energia sviluppata è stata pari a 2 bombe di Hiroshima ed ha provocato la morte di 1910 persone. Nonostante ciò, la diga è rimasta intatta e ancor oggi domina il paesaggio di Longarone.

Il cortometraggio è accompagnato da un brano dal medesimo titolo che scrissi nel 2015 e che ottenne la menzione speciale al Concorso di composizione Pittaluga nel 2016.

Il video inizia con l'immagine di una campana appartenente alla vecchia chiesa di Longarone, una campana muta, che non parla più. È necessario invece raccontare come gli attori dell'epoca abbiano mosso i fili degli eventi. Per farlo bisogna portare l'attenzione verso il luogo in cui tutto è cominciato ed è perciò necessario far suonare la campana della memoria (la campana è situata lungo la ferrata "della memoria").

Tutto comincia dal basso con l'idea di dominare la natura e di mettere al proprio servizio la forza dell'acqua. Si scava la montagna e si inizia a costruire la diga. Questa sale pian piano trasformando ogni cosa e ogni equilibrio umano e naturale. Come in un viaggio onirico, presagi nefasti si manifestano palesemente, ma i segni non vengono accolti da chi tiene in mano le redini della situazione e si continua a salire, quasi l'arrivare a creare il muro più alto del mondo fosse dimostrare la sopraggiunta onnipotenza della tecnica. Ma proprio quando si arriva in cima e si comincia a riempire l’invaso, lì si scoprono gli effetti di quanto creato e la discrasia generatasi tra la superbia dell'ingegno umano e la risposta ineluttabile della natura provoca fratture irrecuperabili. La prospettiva cambia, la visione della diga ruota e muta direzione, l'uomo è stato vinto.

Qui si raggiunge il climax e per farlo mi servo di una citazione di Dino Buzzati e del suo articolo comparso sul "Corriere della sera", l'11 ottobre 1963. Qui, in modo davvero inopportuno, lo scrittore, invece di portare l’attenzione sulle vittime, tesse l'elogio della diga scrivendo: "...Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d'acqua e l'acqua è traboccata sulla tovaglia. Tutto qui. Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri e il sasso era grande come una montagna e di sotto, sulla tovaglia, stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi. Non è che si sia rotto il bicchiere quindi non si può, come nel caso del Gleno, dare della bestia a chi l'ha costruito. Il bicchiere era fatto a regola d'arte, testimonianza della tenacia, del talento, e del coraggio umano. La diga del Vajont era ed è un capolavoro perfino dal lato estetico."

Allo stesso modo, un sasso viene fatto cadere nell'acquasantiera e quell'acqua che doveva essere fonte di vita si trasforma in causa di morte. Il fatto restituisce all'eternità 1910 anime. Dall'interno della diga, di notte, l'acqua si innalza per più di 200 metri, esce, si incunea nella forra e fa sparire interi paesi, lasciando dietro di sé morte, detriti, rovine e desolazione. I suoni di vita che fino ad un attimo prima permeavano il normale vivere delle persone, ora si sono trasformati in suoni di morte.

Così, per coloro che sono sopravvissuti, arriva l'alba di un nuovo giorno. In mezzo alla tabula rasa lasciata dall’onda, una sequoia ha resistito senza muoversi di un passo, ma il prezzo da pagare è stato l'aver perso la propria pelle. La vita, di cui l'albero è il simbolo, non ha perso la sua battaglia contro la morte, ma ha dovuto cedere in cambio persino l'esistenza di coloro che stavano per vedere la luce e non sono mai nati (“Mai nati”, scultura di F. Fiabane). Legno e ferro ora sono diventati un organismo solo e lo spettro della diga e dei suoi detriti generano quel senso di orrore che ci lascia attoniti.

Non tutto è andato perduto e dove si può si cerca riparo. Una rosa all'interno di un giardino protetto (i Murazzi) ci accoglie. Il passato di coloro che sono rimasti è ormai sempre più lontano e irrecuperabile, lo si vede in fondo ad un corridoio infinito, sempre più piccolo e inafferrabile. D'ora in poi bisognerà convivere con i propri incubi e con ciò che è accaduto, poiché questa è La fine di un'epoca.

  • Marco De Biasi
    Director
  • Marco De Biasi
    Writer
  • Marco De Biasi
    Producer
  • Marco De Biasi
    Key Cast
  • Marco De Biasi
    Music
  • Project Title (Original Language):
    Vajont - La fine di un'epoca
  • Project Type:
    Music Video
  • Runtime:
    7 minutes 15 seconds
  • Completion Date:
    January 8, 2024
  • Production Budget:
    5,000 USD
  • Country of Origin:
    Italy
  • Country of Filming:
    Italy
  • Shooting Format:
    Digital
  • Film Color:
    Black & White
  • First-time Filmmaker:
    No
  • Student Project:
    No
Director Biography - Marco De Biasi

ENGLISH - ITALIANO

I am an Italian musician, composer and painter, born in 1977. I was forced, in September 2000, to temporarily retire from performing concerts as a result of a neurophysiological disease called focal dystonia. Fortunately, between 2002 and 2003, after 14 months of a motor rehabilitation programme at the “Institute of Physiology and Medicine of Art” in Terrasa (BCN), I made a full recovery. During my forced retirement I studied musical composition, combining it with pictorial research. I created a phono-chromatic system, based on the relationship between sound and color. In 2010, together with the painter Max Ciogli, I cofounded SINE, an art movement of synaesthetic synthesis, whose main goal is the investigation of the relationship between sound, color and movement. In 2018 I presented the Phonochromatic Manifesto at the MACRO in Rome containing the code of the sound-color ratio developed by me.
I have collaborated with internationally renowned artists in order to create musical and synaesthetic works. Among these I remember: Jimenez Deredia, Edin Karamazov, Quartetto di Cremona.
As a musician, composer and painter I achieved 23 awards at many national and international competition
In 2018 I received the prestigious "Golden Guitar for Composition" award give by the Scientific Committee of the 23rd International Guitar Conference in Alessandria "M. Pittaluga ".
My compositions have been published by: Chanterelle Verlag Edition, VP Music Media, Berben, EMEC – Editorial de Musica Española Contemporanea, Sinfonica, Ava Musical Edition.
From 2012 I’m eclosed between D’Addario’s Artist.

COMPOSITORE, INTERPRETE, PITTORE E PERFORMER incentra la sua attività artistica sulla ricerca sinestetica, attraverso la creazione di OPERE MULTIMEDIALI in cui MUSICA E COLORE possono coesistere in armonica simbiosi.
Creatore di un sistema fono-cromatico basato sul rapporto suono/colore, che prevede l’associazione e la fusione di elementi pittorici ad elementi musicali, nel 2010 fonda il movimento artistico di sintesi sinestetica SIN-E insieme al pittore Max Ciogli. Il loro principale obiettivo è l’indagine del rapporto esistente tra suono, colore e movimento.
Nel 2012 i due artisti ne divulgano il manifesto. Nel 2018 presenta al MACRO di Roma il Manifesto Fonocromatico contenente il codice del rapporto suono colore da lui sviluppato. http://www.marcodebiasi.info/progetti/sine/
È risultato vincitore di ben 23 concorsi Nazionali ed Internazionali (11 di esecuzione e 12 composizione), tra i quali spiccano: "Francesco Agnello", "Boston Guitarfest Composition Competition", "Concurso de composición de guitarra clásica Andrés Segovia", "Prémio Internacional de Composiçâo Fernando Lopes-Graça", "Concorso Internazionale di Composizione per Chitarra M. Pittaluga di Alessandria". Nel 2018 riceve il prestigioso premio “Chitarra d’oro per la composizione” assegnatogli dal Comitato scientifico del 23° Convegno internazionale di chitarra di Alessandria “M. Pittaluga”. I suoi brani sono pubblicati da importanti case editrici quali Chanterelle, VP Music Media, Berben, Sinfonica, EMEC, Ava. La sua musica è suonata in Europa, America, Cina e Giappone da musicisti di fama internazionale.

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ENGLISH - ITALIANO

This video is a part of a big Project called CANTO NATIO (Native Song) whose main goal is the enhancement of the Venetian artistic, historical and cultural heritage through the creation of synaesthetic music video works. The extraordinary communicative capacity of music combined with the dynamism of images can make the works of art, history and cultural sub-stantia of a place perceive in a unique and deep way. The will is to valorise the beauty of the area in which I live to enhance its aesthetic magnificence: add beauty to beauty, interacting in a contemporary way with works of art and history, to tell it through that creative modernity that has always characterized our land.

Questo video fa parte di un progetto denominato CANTO NATIO, il cui obiettivo principale è la valorizzazione del patrimonio artistico, storico e culturale del Veneto attraverso la realizzazione di opere video musicali sinestetiche. La straordinaria capacità comunicativa della musica unita al dinamismo delle immagini possono far percepire in modo unico e profondo le opere d'arte, la storia e la sostanzia culturale di un luogo. La volontà è quella di valorizzare la bellezza del territorio in cui vivo per esaltarne la magnificenza estetica: aggiungere bellezza alla bellezza, interagendo in modo contemporaneo con opere d'arte e di storia, per raccontarla attraverso quella modernità creativa che da sempre caratterizza la nostra terra .