VLEN
[VLEN]èl’espressione dialettale biscegliese per indicare una sostanza velenosa o tossica, ovvero il veleno. VELENO: SOSTANZA CHE, ASSUNTA DA UN ORGANISMO VIVENTE, HA EFFETTI DANNOSI TEMPORANEI O PERMANETI, FINO AD ESSERE LETALI, ATTRAVERSOUN processo CHIMICO.
Il film è una riflessione a partire dal vissuto biografico fino a divenire un momento di riflessione colletitva. Il film è una scrttra erotica sottile fatta per metafore. E' un entrare dentro le stutture altre della narrazione sessuale e degli immaginari gay.
C’erano un tempo le stagioni! E c’erano gli Dei a far girare il mondo. Tutto moriva e tutto tornava nuovo. Una ruota da cui l’uomo non poteva uscire.
Oggi c’è un fanciullo che sogna tutto questo, non può crescere. Può solo contare e accumulare. Tic tac tic tac, sempre avanti. Nel tempo morto dell’accrescimento. Le sue materie si deteriorano, diventano scarto, il gesto diventa azione, reiterazione, veleno.
Vlen è un film semplice, lineare come il suo farsi. Sempre in prima persona, è l’oggettiva di una soggettiva. In scena abbiamo una Demetra irata e che non troverà pace. Unica traccia di Core è una scritta sui muri, segno della perdita, grido d’anarchia, scritto con il K: Kore. No, non c’è più spazio per la consolazione, Baubo ha già recitato la sua parte, la messa in scena è tutto, non è più. Lei ci vive, noi ci viviamo con lei. La scansione digitale del tempo ha sostituito i cicli, gli Dei si sono ritirati, esiste solo l’uno, che si ripete e si degrada ogni giorno di più, ma non può che andare avanti. Così i ricordi che spingono il film, si inseriscono nelle sue pieghe, sono presenti, vivono solo nella contemporaneità e pian piano si trasformano in rumore. Si digitalizzano facendosi a pezzi, vibrando, scomponendosi. Tanti pesi che aggiungono gli uni agli altri. Come il dolore di Demetra. Sacerdotessa che dietro il sipario inaccessibile ripete lo stupro, unita alla figlia. Una reiterazione che non porta a nulla, a nulla serve tenersi la bambola Baubesca, il riso è morto, non c’è vita che risorga. Tutta la materia ancora carica di sesso si degrada, gli elementi fallici affogano e le vagine sono in decomposizione. E l’uomo continua a produrre relitti. Avanza solo il deserto. L’unica vita è il gioco, in un universo monosessuale, maschile perché lineare, come la corda da tirare. Alla fine resta solo un orologio che segna il tempo. E poi il buio.
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SERGIO RACANATIDirector
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SERGIO RACANATIWriter
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SERGIO and GIUSY RACANATI / CAROPPOProducerCAPTA AND ECLETTICA PER L'ARTE CONTEMPORANEA
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Project Type:Documentary, Experimental
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Runtime:1 hour 46 minutes 57 seconds
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Production Budget:8,000 EUR
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Country of Origin:Italy
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Country of Filming:Italy
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Language:Italian
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Shooting Format:HD
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Film Color:Color
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First-time Filmmaker:No
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Student Project:No
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BIENNALE INDEPENDENCIA CUSCOCUSCO
Peru
September 15, 2021
15 SETTEMBRE
Distribution Information
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CAPTACountry: Italy
Attualmente presso la Fondazione SoutHeritage per l'arte contemporanea/Matera è in corso al sua personale con l’installazione To futureless memory – possibilità di un monumento inserita nel programma APERTO?
A settembre 2021 il suo componimento poetico CODICE sarà pubblicato all’intero dell’antologia curata da Vincenzo Guarracino edita da Fermenti Editrice.
Il suo film DARKNESS è stato selezionato per L’Asolo Film Festival (luglio 2020) diretto da Cosimo T erlizzi.
Ha vinto nel giugno 2019 il premio per l’internazionalizzazione curato dal Teatro Pubblico Pugliese e Regione Puglia.
Tra settembre e novembre 2019 ha partecipato alla Biennale di Curitiba (Brasile), ha tenuto due mostre personali rispettivamente una presso la Galleria Crudo a Citta di Rosario (Argentina) e l’altra presso la Galleria F.Ferrer di San Jose (Costa Rica).
Ha ricevuto riconoscimenti internazionali tra cui premio (2018) di Residenza Artistica presso “Officina Italiana” a Buenos Aires a cura di Massimo Scaringella.
Ha recentemente concluso il progetto RESISTANT A STATE OF MIND all’interno del progetto ZIP diretto da Giusy Caroppo, vincitore del Bando MIBAC sulla rigenerazione urbana delle periferie d’Italia.
Tra le diverse residenze artistiche a cui l’artista ha partecipato si segnalano quelle presso: Museo Pino Pascali / Polignano a Mare - BA_I (2014); Harvard University a cura di Marcus Owens (2013); Z33 Contemporary Museum; Hasselt_B (2012), Performance Space / Londra_UK; Edge Zones Foundation / Miami_US a cura di Charo Oquet, promossa da GAI - Associazione Giovani Artisti Italiani e MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA’ CULTURALI E DEL TURISMO - Direzione
Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane (2013).
Vincitore del premio per la sezione Performance Art alla Biennale di New York diretta da Pietro Franesi e co-curata da Vjitaly Patsyukov e Lu Hao (2013), partecipa anche alla Biennale del Mediterraneo (2012), alla 7°Berlin Biennal, all’interno del progetto “Preoccupied” presso il KW Institute for Contemporary Art, Berlino_D (2013) e alla Bienal del Fin del Mundo / Mar del Plata RA.
La ricerca artistica di Sergio Racanati si sviluppa all'interno della moltitudine di relazioni, idee ed esperienze volte a generare connessioni con il materiale fragile dell'umanità, affrontando la questione degli spazi del sensibile, dei processi comuni e comunitari. In questo quadro la sua pratica guarda alla sfera pubblica e agli immaginari collettivi come luoghi di indagine privilegiati.
Alla base di questa ricerca vi è un interesse per le scienze sociali, per gli eventi storici, per la cultura popolare e la cultura di massa, visti attraverso una lente quasi etnografica. L’artista opera nel campo della valorizzazione del patrimonio storico-artistico, nella consapevolezza che tale campo costituisca un insieme organico di opere ed un campionario di esempi volti a rappresentare un modello di archivio.
Il risultato dei suoi progetti è la creazione di spazi multidisciplinari, piattaforme di pensiero, modelli di pratiche antagoniste e spazi per nuove comunità. L’approccio di Racanati è basato su un'idea/modello sperimentale di creazione di situazioni ibride attraverso una complessa matrice di appropriazione, scoperta di siti e creazione di ambienti/set transitori, flessibili e in continua evoluzione, in cui la ricerca diventa spesso condivisa e l’opera d'arte mette in crisi la stessa autorialità a favore di un processo corale e collettivo.